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Di contro a questo è allora bene tenere presente come l’animale possa anche concedere un’apertura dello sguardo, o un allentamento della presa dei parametri consueti. Ma facendo leva su cosa? Un prima risposta potrebbe essere: sul piacere immediato dell’empatia, dell’esser-altro da noi stessi, del farci coniglio, così come una sensibilità poetica può bramare di farsi albero, fiore o cosa inanimata. E’ questa una delle posizioni che si trovano nel libro “La vita degli animali” [vedi in ProttyInformazione] di John Coetzee, che presenta larga parte delle conferenze tenute dal personaggio principale, la scrittrice Elizabeth Costello, in un College, - e che costituiscono poi le Tanner Lectures tenute dallo stesso Coetzee a Princeton nel 1997-98. La Costello commenta due poesie sul giaguaro di Ted Hughes [poeta, marito di Sylvia Plath]:
«Hughes scrive contro Rilke [La pantera, in Nuove Poesie]. Usa lo stesso scenario dello zoo, ma una volta tanto è la folla a essere magnetizzata, e tra la folla l’uomo, il poeta, è in trance, inorridito e sopraffatto, mentre i suoi poteri di comprensione si spingono oltre il limite. La vista del giaguaro, a differenza di quello della pantera, non è sfocata. Al contrario i suoi occhi perforano le tenebre. La gabbia non è reale per il giaguaro, lui è altrove. […]
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