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BERNHARD GRZIMEK
VITA DEGLI ANIMALI, BRAMANTE EDITRICE Vol. XII
I LAGOMORFI (Cap. XI, pagg. 471-509)
Ordine dei Lagomorfi
I Leporidi e gli
Ocotonidi sono stati considerati per lungo tempo Roditori; una simile interpretazione
è ancor oggi molto diffusa e si basa sulla notevole somiglianza esistente
tra questi due gruppi di Mammiferi. Tale affinità, peraltro, è
solo esteriore (le analisi sierologiche hanno dimostrato infatti che i Lagomorfi
sono più vicini ad alcuni Ungulati che ai Roditori) ed è limitata
a talune abitudini, ad esempio a quelle alimentari. Come nei Roditori, anche
nei Lagomorfi gli incisivi sono di conseguenza a crescita continua, hanno la
forma di uno scalpello, e risultano separati dai premolari mediante un ampio
diastema. Ciò nonostante, i Lagomorfi differiscono nettamente nella struttura
dentaria dai Roditori, in quanto nella mascella, dietro ai due incisivi a forma
di scalpello, ne recano altri due, assai più piccoli; per questo motivo
essi venivano comunque distinti con il nome di Duplicidentati (Duplicidentata).
Esistono, del resto, altre differenze: durante la masticazione, ad esempio,
i Lagomorfi spostano le mandibole sul piano orizzontale, da sinistra a destra
e viceversa, e ciò comporta anche una diversa struttura dei muscoli masseteri;
i loro arti anteriori non vengono utilizzati per scavare, come avviene invece
presso i Roditori, bensì come armi di offesa e difesa. Dal punto di vista
del comportamento, è interessante notare che le Lepri e i Conigli si
allungano al suolo come fanno i Carnivori. Infine, non esistono forme di collegamento
tra i due gruppi. La proposta di considerare i Lagomorfi come un ordine a sé
fu avanzata per la prima volta nel 1912 da Gidley, ma fu inizialmente accolta
con esitazione. In seguito, con l'approfondimento degli studi, trovò
un credito sempre maggiore ed è attualmente accettata da tutti gli zoologi.
I ritrovamenti fossili hanno in effetti
dimostrato che Lagomorfi e Roditori hanno seguito un'evoluzione indipendente:
le forme fossili più antiche dei due gruppi presentano infatti differenze
sostanziali nella struttura del cranio e della dentatura, che possono essere
spiegate solo ammettendo un'origine distinta. Sebbene in proposito non si conosca
ancora nulla di preciso, non è improbabile che gli antenati diretti dei
Lagomorfi siano Insettivori del cretaceo, appartenenti al ceppo del genere Pseudictops.
E' invece noto che le forme ancestrali dei Roditori erano imparentate con quelle
che hanno dato origine ai Primati. Lagomorfi e Roditori costituiscono dunque
un interessante caso di convergenza, soprattutto per quanto riguarda la dentatura.
Tra i Mammiferi, peraltro, una simile dentatura non è limitata a questi
due ordini, ma si trova anche in altri gruppi, e ovunque si è sviluppata
indipendentemente: si osserva, ad esempio, presso i Vombatidi (v. vol. X, pag.
131) tra i Marsupiali, i Daubentonidi (v. vol. X, pag. 295) tra le Proscimmie,
e anche nei gruppi estinti dei Multitubercolati (genere Taeniolabis;
cfr. vol. X, pag. 35) e dei Tillodonti (genere Trogosus; v. pag. 529).
La filogenesi dei Lagomorfi è nota a partire dal terziario inferiore
(paleocene): le forme risalenti a questo periodo, cioè gli EURIMILIDI
(famiglia Eurymylidae), con i generi asiatici Eurymylus e Mimolagus,
presentano una dentatura abbastanza ridotta (formula dentaria 2.0.2.3/1.0.2.3)
e non possono pertanto essere considerati gli antenati diretti dei più
recenti Lagomorfi; occupano tuttavia una posizione intermedia tra questi e gli
Insettivori per quanto riguarda la struttura dei molari, mentre gli incisivi
hanno già la conformazione tipica dell'ordine: gli Eurimilidi, dunque,
forniscono una prova dell'elevata antichità di questo gruppo di Mammiferi.
I più antichi LEPORIDI (famiglia Leporidae) attualmente noti, classificati
nei generi Lushilagus, Shamolagus e Mytonolagus, risalgono
al tardo terziario inferiore (eocene superiore) dell'Asia e del Nordamerica,
e nella struttura degli arti ricordano gli odierni Ocotonidi (v. pag. 515);
insieme a quelli dei generi Desmatolagus, Palaeolagus e Megalagus,
risalenti all'oligocene dell'Asia orientale e del Nordamerica, essi vengono
riuniti nella sottofamiglia dei PALEOLAGINI (Palaeolaginae). Dai Paleolagini
dell'oligocene si sono originati nel terziario superiore gli ARCHEOLAGINI (sottofamiglia
Archaeolaginae; generi Archaeolagus, Hypolagus, Notolagus),
ormai estinti, e i LEPORINI (sottofamiglia Leporinae), che raggiunsero il massimo
sviluppo nel pliocene e nel pleistocene, diffondendosi in quasi tutto il mondo.
Dai Paleolagini dell'eocene hanno invece tratto origine gli Ocotonidi, comparsi
per la prima volta nel Vecchio Mondo durante l'oligocene. I generi Romerolagus
(v. pag. 514), messicano, Pentalagus (v. pag. 513), delle isole Ryukyu,
e Pronolagus (v. pag. 513), sudafricano, che hanno una diffusione limitata
a piccoli territori, sono stati considerati da molti studiosi gli ultimi superstiti
della sottofamiglia dei Paleolagini, mentre secondo Dawson appartengono ai Leporini.
L'enorme diffusione dei Leporidi e il numero dei generi viventi dimostrano che
essi costituiscono un gruppo di Mammiferi tuttora in piena evoluzione. Quasi
tutte le specie attuali possono essere fatte derivare dal genere Alilepus,
del pliocene inferiore.
Secondo Hibbard, tuttavia, i generi Lepus, Sylvilagus e Oryctolagus
dovrebbero essere avvicinati al Nekrolagus del pliocene superiore, che
a sua volta può comunque essere fatto risalire al genere Alilepus.
I Conigli selvatici erano molto comuni nell'Europa centrale ancora nell'ultima
fase dell'era glaciale, e dopo un lungo periodo di assenza vi si sono nuovamente
diffusi nel Medioevo, sia pure come animali domestici ritornati allo stato selvatico.
Gli OCOTONIDI (famiglia Ochotonidae), che per taluni aspetti sono più
primitivi dei Leporidi, hanno invece ormai superato da lungo tempo il periodo
di massima fioritura evolutiva. Attualmente sopravvive un solo genere di questa
famiglia, la cui distribuzione geografica è limitata a talune regioni
dell'Asia e del Nordamerica; si conoscono almeno 16 generi estinti, un tempo
diffusi anche in Europa e in Africa. Gli Ocotonidi raggiunsero la massima espansione
e senza dubbio anche la maggior varietà di forme nel miocene, ad esempio
con i generi Prolagus, Lagopsis, Oreolagus e Kenyalagomys.
Pur essendo molto simili nell'aspetto, essi presentavano delle notevoli differenze
nella struttura dei molari, tanto che tra gli Ocotonidi del terziario si possono
distinguere più linee evolutive, una sola delle quali è riuscita
a sopravvivere fino all'epoca attuale. Mentre la maggior parte dei generi si
era già estinta nel pliocene, il Prolagus (che era diffuso in
Corsica e in Sardegna) scomparve nel periodo postglaciale. Come si è
detto in precedenza, gli Ocotonidi si sono originati da Paleolagini dell'eocene,
e, come dimostrano i resti fossili, al pari dei Leporidi ebbero il proprio centro
di sviluppo evolutivo in Asia, da cui si diffusero successivamente in Europa
(nell'oligocene e nel miocene) e anche in Nordamerica (nel pliocene). Al contrario
dei Leporidi, gli Ocotonidi non hanno invece mai raggiunto il continente sudamericano.
Sebbene costituiscano un gruppo di Mammiferi di età molto elevata, i
LAGOMORFI (ordine Lagomorpha; LTT 12-70 cm, peso 100 g-7 kg) non hanno originato
una grande molteplicità di forme e neppure sviluppato dei particolari
adattamenti; hanno conservato, al contrario, molti caratteri primitivi. Questi
Mammiferi, dotati di una coda breve e cespugliosa o non visibile all'esterno,
hanno la superficie plantare rivestita di peli a sezione quadrata; le narici
(che vengono contratte ritmicamente) sono anch'esse ricoperte di pelo, la dentatura
è composta da 26-28 denti e presenta, in ogni semiarcata superiore, due
incisivi (da cui deriva il nome di Duplicidentati attribuito un tempo
ai rappresentanti dell'ordine) protetti da uno strato uniforme di smalto e posti
l'uno dietro l'altro: quello anteriore è bene sviluppato e ha la forma
di uno scalpello, mentre quello posteriore è nettamente più piccolo
ed è simile a un chiodo. Un terzo incisivo è presente nei piccoli
al momento della nascita, ma cade qualche tempo dopo. I molari sono privi di
radici e protetti da uno strato di smalto che reca profondi solchi. Il diastema
che separa gli incisivi dai premolari superiori è più ampio di
quello inferiore. Il condilo della mandibola ha la forma di un ovale disposto
trasversalmente; il palato osseo costituisce un sottile ponte ed è solcato
da numerose pieghe. Altri caratteri distintivi dei Lagomorfi sono la parziale
fusione della fibula con la tibia, le notevoli dimensioni dell'intestino cieco,
provvisto di una valvola spirale, la struttura primitiva dell'encefalo, il forte
sviluppo del senso dell'olfatto e la ridotta capacità di emettere suoni,
per cui solo un numero limitato di specie fa udire la propria voce. I Lagomorfi
sono diffusi in quasi tutte le zone della terra a eccezione dell'Antartide,
del Madagascar, di talune regioni dell'Indonesia e della parte meridionale del
Sudamerica; sono stati introdotti dall'uomo in Australia e in Nuova Zelanda.
Si suddividono in 2 famiglie:
1) LEPORIDI (Leporidae), cui appartengono 11 generi e circa 45 specie;
2) OCOTONIDI (Ochotonidae; v. pag. 515), con un solo genere e 15 specie. Prima
di passare alla descrizione delle singole forme, riteniamo necessario ricordare
un'altra particolare proprietà dei Lagomorfi, nota con il nome di ciecotrofismo
e costituita dal duplice passaggio degli alimenti attraverso il tubo digerente.
Nel 1882, il francese Morot pubblicò in una rivista di veterinaria i
risultati delle osservazioni compiute sugli escrementi, ricoperti di muco, dei
Conigli: oltre alle normali feci, simili a palline secche, Lepri e Conigli producono
infatti un secondo tipo di escrementi, tondeggianti, molli e avvolti di muco,
che prendono tra le labbra non appena li hanno evacuati e che inghiottono quindi
senza masticare, per sottoporle a un nuovo processo di digestione. In tal modo
una parte del cibo passa per due volte attraverso il tubo intestinale, e di
conseguenza può essere digerita in modo più completo; il ciecotrofismo
somiglia in certo qual modo alla ruminazione che si osserva nella maggior parte
degli Artiodattili. Queste feci molli (ciecotrofe) si formano nell'intestino
cieco, ove sono notevolmente arricchite di vitamina B1 (secondo le analisi effettuate
da Scheunert e Zimmermann, il loro contenuto vitaminico è di quattro-cinque
volte superiore a quello dei normali escrementi); esse hanno un 'importanza
vitale per questi Mammiferi, cui consentono, con ogni probabilità, di
affrontare e superare più facilmente dei prolungati periodi di digiuno
quando le condizioni atmosferiche impediscono agli animali di muovere alla ricerca
di cibo.
Le Lepri, i Silvilaghi e il Coniglio selvatico
sono i più tipici rappresentanti dei LEPORIDI (Leporidae), anche se a
questa famiglia appartengono specie con caratteri primitivi e dalla diffusione
assai limitata; si tratta di animali singolari e molto interessanti, che vivono
in piccoli territori e possono essere considerati delle forme relitte (v. pag.
513). Queste specie sono poco note, e ciò è tanto più spiacevole
in quanto una più approfondita conoscenza potrebbe dare un'idea, almeno
approssimativa, delle abitudini di taluni gruppi estinti; tutto lascia purtroppo
presumere che alcune di queste forme arcaiche siano gravemente minacciate. I
Leporidi (LTT 25-70 cm, peso 0,4-7 kg) sono dotati di coda breve e cespugliosa,
hanno le orecchie di lunghezza media o assai lunghe, talvolta accartocciate
("a cucchiaio"), la bolla timpanica cava, la clavicola incompleta,
gli arti posteriori molto più sviluppati di quelli anteriori e la dentatura
formata da 26-28 denti, distribuiti secondo la formula 2.0.3.2-3/1.0.2.3 (gli
incisivi superiori hanno la superficie tagliente diritta). La famiglia comprende
11 generi: 1) Lepus, con circa 22 specie; 2) Oryctolagus, con
una sola specie; 3) Sylvilagus, con circa 12 specie; 4) Brachylagus,
con una sola specie; 5) Pronolagus (fig. 5, pag. 492), con 3 specie;
6) Bunolagus (fig. 2, pag. 492), con una sola specie; 7) Pentalagus
(fig. 3, pag. 492), con una sola specie; 8) Caprolagus (fig. 1, pag.
492), con una sola specie; 9) Poelagus (fig. 4, pag. 492), con una sola
specie; 10) Nesolagus (fig. 6, pag. 492), con una sola specie; 11) Romerolagus
(fig. 7, pag. 492), con una sola specie.
Al genere Lepus, il più vasto e
diffuso della famiglia, appartengono le Lepri propriamente dette, cioè
quegli animali dotati di lunghe orecchie cui viene spontaneo pensare immediatamente
udendo il termine " Leporidi "; esse si distinguono per l'estrema
rapidità dei movimenti, per il fatto di partorire piccoli " nidifugi
" e per la costruzione dei propri rifugi in superficie. La delimitazione
e la posizione sistematica di alcune forme è tuttora controversa.
Questo genere, diffuso in Nordamerica, Africa ed Eurasia, annovera tra i suoi
rappresentanti una delle specie più note e popolari dell'intero ordine:
la LEPRE COMUNE O LEPRE EUROPEA (Lepus europaeus; fig. 6, pag. 470 e fig. pag.
502; vol. XI, fig. 10, pagg. 385/386; v. cartina pag. 486), la preda forse più
ambita da tutti i cacciatori. Appunto in considerazione della grande importanza
che riveste ai fini dell'attività venatoria, essa è stata insediata
anche in Irlanda e nei paesi scandinavi, in Cile e in Argentina, in alcune regioni
del Nordamerica, della Siberia meridionale e dell'Estremo Oriente, in Australia
e Nuova Zelanda, con risultati più o meno soddisfacenti. Le Lepri comuni
introdotte nel 1890 in Argentina, ad esempio, si ambientarono con tale rapidità
da raggiungere in pochi anni un'elevata densità di popolazione, e cominciarono
ben presto a respingere una specie autoctona di Caviomorfi, il Marà o
Lepre della Patagonia (Dolichotis patagonum; v. vol. XI, pag. 500), il
cui patrimonio appare oggi sempre più minacciato. In Siberia, pur adattandosi
altrettanto facilmente alle nuove condizioni ambientali e giungendo a spingersi
fino a 1000 km di distanza dal luogo in cui erano state insediate, le Lepri
comuni non hanno invece raggiunto in alcuna zona un'alta densità di popolazione
(su una superficie di 2 kmq. si trovano infatti, nel migliore dei casi, uno
o due animali). In paesi ove la specie si è fatta piuttosto rara, quali
la Francia e l'Italia, è tuttora in atto il ripopolamento con esemplari
importati da altre regioni europee ove le popolazioni sono ancora numerose.
...
(pag.
495)
Il CONIGLIO SELVATICO (Oryctolagus cuniculus; LTT 35-45 cm, LC
6 cm, lunghezza delle orecchie 7-8 cm, peso 1-2 kg; fig. 8, pag. 480, fig. 1,
pag. 491 e fig. pag. 502; vol. XI, fig. 9, pagg. 385/386) si differenzia esteriormente
dalla Lepre comune per le minori dimensioni, per avere gli arti meno sviluppati,
le orecchie brevi e prive di un'evidente macchia nera sulla punta, e anche in
talune caratteristiche relative alla struttura degli arti, del cranio (l'osso
interparietale, ad esempio, non si fonde mai con i parietali) e del mantello;
possiede infine un minor numero di cromosomi (44, rispetto ai 48 della Lepre
comune). Il Coniglio selvatico è senza dubbio la specie di Leporidi più
importante per l'uomo: è infatti il capostipite di tutte le razze domestiche,
pertanto è stato introdotto e viene allevato in molti paesi del mondo,
ove purtroppo ha finito sovente per rivelarsi un vero e proprio flagello a causa
della sua prolificità. Viene utilizzato in larga misura anche nella ricerca
biologica.
Quando i Fenici, attorno al 1100 a.C., approdarono nella penisola iberica, scoprirono
che in questi territori vivevano numerosi animali, che a un'osservazione superficiale
ricordavano le Procavie (v. pag. 576) diffuse nei loro luoghi natii. In realtà
si trattava di Conigli, in quel tempo completamente sconosciuti ai Fenici; poiché
nel linguaggio semitico la Procavia viene chiamata "Shaphan", essi
definirono la terra appena scoperta "I-shephan-im" ("isola delle
Procavie"), da cui derivò il nome latino "Hispania". Anche
i Romani impararono a conoscere i Conigli in Spagna, e ad apprezzarne le carni;
ciò li indusse a introdurre la specie in alcune isole del Mediterraneo.
Con ogni probabilità, poco prima dell'inizio dell'era volgare, una coppia
di Conigli selvatici venne insediata nelle Baleari, ove si riprodusse in breve
tempo in misura tale da indurre gli abitanti dell'arcipelago a rivolgersi all'imperatore
romano per essere aiutati ad arginare un simile flagello. Qualora non fosse
stato possibile trovare una soluzione, lo pregavano addirittura di voler assegnare
loro un altro territorio in cui trasferirsi. Episodi analoghi si verificarono
con notevole frequenza anche nei secoli successivi, e l'invasione dei Conigli
assunse proporzioni particolarmente allarmanti in Australia. In tutti i territori
in cui questi animali hanno trovato condizioni favorevoli e non hanno incontrato
dei nemici naturali, si sono infatti moltiplicati in misura abnorme, divenendo
un vero e proprio flagello per l'agricoltura.
Nelle Baleari, i feti e i piccoli Conigli selvatici appena nati venivano considerati,
al tempo dei Romani, delle vere e proprie leccornie, per le quali era stato
coniato un nome particolare: laurices. Ancora nel Medioevo ne era consentito
il consumo nei conventi anche durante il periodo quaresimale. Mentre presso
i Romani i Conigli selvatici venivano allevati per le carni, e venivano ospitati
assieme alle Lepri in appositi recinti (i cosiddetti "leporaria"),
presso le corti medievali il loro allevamento venne attuato soprattutto a scopo
venatorio, e in molti casi delle piccole isole furono utilizzate solo per tenere
questi animali. In Inghilterra il Coniglio selvatico durante il Medioevo era
una delle prede più ambite dai cacciatori, e costituiva una delle portate
più apprezzate e più costose dei banchetti: nel 1309 a Canterbury
un Coniglio veniva pagato quanto un Maialino.
«Il merito di aver allevato i primi Conigli
domestici sembra spetti principalmente a monaci francesi» scrive Hans
Nachtsheim, uno zoologo tedesco che si è interessato in modo particolare
della domesticazione di questi Leporidi. I primi rapporti su razze domestiche
dalla diversa colorazione risalgono al XVI secolo. Da quel tempo l'allevamento
dei Conigli ha originato un elevato numero di razze, che differiscono profondamente
le une dalle altre non solo nelle dimensioni e nella colorazione, ma anche in
numerosi caratteri anatomici e nella struttura del pelo: è sufficiente
pensare ai grossi BELIER INGLESI (fig. 5, pag. 480), caratterizzati da grandi
orecchie pendenti che superano i 20 cm di lunghezza, agli ANGORA (fig. 3, pag.
480), e ai CONIGLI ERMELLINO (fig. 7, pag. 480), del peso di appena 1 kg e dalle
orecchie brevi. Vi sono inoltre razze dai colori molto diversi, quali la CHINCHILLA,
il BLU DI VIENNA (fig. 1, pag. 480), il BIANCO DI VIENNA, la GIAPPONESE (fig.
2, pag. 480), il GIGANTE SCREZIATO TEDESCO (fig. 6, pag. 480), l'OLANDESE. Ricordiamo
infine i pregiatissimi REX, dal mantello raso privo di setole. Le pelli dei
Conigli domestici trovano un largo impiego in pellicceria, mentre il pelo delle
razze Angora (ogni animale ne fornisce circa 400 g all'anno) viene di solito
utilizzato per lavori a maglia. I Conigli domestici hanno assunto una grande
importanza anche per la ricerca biologica e farmaceutica e le razze prevalentemente
utilizzate come animali da laboratorio sono il Gigante bianco, il Bianco di
Vienna e il Coniglio ermellino.
Il processo di addomesticamento ha avuto come conseguenza più evidente
una riduzione delle capacità sensoriali: vista, udito e gusto. Nel Coniglio
domestico, inoltre, a parità di dimensioni il cervello pesa circa il
22% meno di quello di un Coniglio selvatico, mentre il cuore si è ridotto
addirittura del 37,5%. Come riferisce Nachtsheim, «stomaco e intestino
cieco nella forma selvatica hanno una maggiore capacità di assorbimento,
mentre il tenue e il crasso sono in media mezzo metro più lunghi».
Il numero dei piccoli nati a ogni parto è per contro più elevato
presso le razze domestiche, ove la capacità riproduttiva è anche
meno condizionata dalle condizioni climatiche. Se si incrociano Conigli domestici
con esemplari selvatici, si ottengono degli ibridi che presentano i caratteri
tipici dei secondi: sono cioè timidi e hanno la stessa colorazione della
forma selvatica, che ricordano anche nelle dimensioni e nella lunghezza delle
orecchie. Il comportamento e la colorazione della forma capostipite sono dunque
delle caratteristiche ereditarie dominanti.
Nella complessa storia di questa specie
è interessante ricordare l'Oryctolagus cuniculus huxleyi a proposito
della teoria dell'evoluzione; secondo Darwin e Haeckel sarebbe infatti l'unico
Mammifero che in un'epoca abbastanza recente avrebbe originato una nuova specie.
All'inizio del XV secolo, sulla piccola isola di Porto Santo (a nord di Madera)
furono infatti insediati alcuni Conigli domestici, precisamente una femmina
e i suoi piccoli, che ritornarono allo stato selvatico e si moltiplicarono rapidamente
in tale misura da costringere gli abitanti ad abbandonare l'isola; i discendenti
di quei primi esemplari vivono ancor oggi in numero elevato. Confrontando i
Conigli di Porto Santo con quelli selvatici inglesi, Darwin rilevò una
serie di caratteri diversi, e poiché fallirono tutti i tentativi di accoppiarli
con esemplari di razze domestiche, Darwin e Haeckel giunsero alla conclusione
che essi formavano ormai una specie nuova, sviluppatasi in pochi secoli. I problemi
sorti a proposito di questo Coniglio insulare sono stati risolti da Hans Nachtsheim:
«L'Oryctolagus cuniculus huxleyi è il più piccolo
Coniglio vivente: è infatti appena più grande di una Cavia e supera
di poco il peso di mezzo chilo. E' anche la forma più selvatica tra tutte
quelle viventi allo stato libero: con ogni probabilità, sono stati appunto
questi caratteri a impedire gli incroci tentati da Darwin. I Conigli selvatici
centroeuropei, di cui Darwin si servì in simili tentativi, sono infatti
troppo grandi per poter essere accoppiati con quelli di Porto Santo, e hanno
inoltre una natura ribelle che ne rende molto difficile la riproduzione persino
negli allevamenti di razza pura: in simili casi è possibile fare sviluppare
i piccoli solo affidandoli sin dalla nascita alle cure di femmine addomesticate.
Tenendo conto di questi e di altri fattori, riuscimmo ad accoppiare i Conigli
di Porto Santo con altri Conigli dalle dimensioni modeste, e precisamente con
i Conigli selvatici del Mediterraneo, e con quelli domestici più piccoli,
cioè di razza Ermellino, ovvero con ibridi di questi due. Gli individui
nati dagli incroci con i Conigli di Porto Santo si sono rivelati vitalissimi
e perfettamente fecondi, il che ci porta a concludere che la teoria di Darwin,
prima ricordata, si è dimostrata inesatta: pur essendo senza dubbio tornato
allo stato selvatico, il Coniglio di Porto Santo rappresenta solo una razza
e non una specie».
L'uomo ha esercitato un'influenza determinante
sull'attuale distribuzione geografica della specie; come dimostrano i reperti
fossili, prima dell'era glaciale i Conigli selvatici erano diffusi in vaste
zone dell'Europa occidentale (Francia, Belgio, Germania e Inghilterra) ove si
estinsero tuttavia durante le glaciazioni, per cui nell'epoca postglaciale il
loro territorio di diffusione naturale comprendeva solo la penisola iberica
e l'Africa nordoccidentale. La loro ulteriore espansione a opera dell'uomo,
tuttavia, seguì di poco la loro scoperta: introdotti dapprima nelle isole
del Mediterraneo e in Italia, i Conigli selvatici furono successivamente insediati
dai navigatori portoghesi in nuove terre, ad esempio a Madera, nelle Azzorre
e nelle Canarie. Nel XII secolo i Normanni li introdussero in Inghilterra e
in Irlanda, mentre nel XIII secolo vennero insediati in alcune isole del Mare
del Nord davanti alle coste della Frisia. La diffusione dei Conigli selvatici
fu preceduta in Germania da quella delle razze domestiche: la più antica
testimonianza dell'esistenza di Conigli selvatici nelle regioni tedesche è
infatti una incisione a colori su legno che risale al 1423, mentre esemplari
domestici furono importati dalla Francia già nel 1149. In Europa, il
territorio di diffusione di questa specie si estende attualmente dal Portogallo
alla Polonia occidentale, e comprende inoltre la Gran Bretagna, parte della
Norvegia, l'isola svedese di Gotland e alcune zone lungo la costa nordoccidentale
del Mar Nero.
I primi tentativi di introdurre i Conigli selvatici in Australia furono intrapresi
nel 1787 e nel 1791, ma la successiva e abnorme diffusione raggiunta dalla specie
in questo continente fu determinata da appena 24 esemplari che nel 1859 un certo
Autin portò con sé dalla Gran Bretagna e lasciò liberi
nel parco Barwon (Stato di Victoria). Nel 1838 si cercò di insediare
i Conigli nella Nuova Galles del Sud, e quindi in Nuova Zelanda, ove, dopo un
iniziale insuccesso, nel 1864 i Conigli selvatici cominciarono a riprodursi
e a diffondersi rapidamente. Nonostante i risultati disastrosi ottenuti in Australia
e in Nuova Zelanda, alla fine del XIX secolo questi animali furono introdotti
a scopo venatorio anche in Cile, ove si sono ugualmente moltiplicati con tale
rapidità e in misura così eccessiva da divenire un vero flagello.
Da circa sessant'anni i Conigli selvatici si sono inoltre stabiliti sulle isole
San Juan, davanti alla costa fra Seattle e Vancouver. «In talune zone,
l'insediamento artificiale si rivela addirittura un insuccesso», riferisce
Bernhard Grzimek. Nel 1951, ad esempio, furono introdotti negli Stati Uniti,
per la precisione nel New Jersey, 20.000 Conigli selvatici, per un costo di
27.000 dollari: quando la caccia ebbe inizio, ne erano rimasti appena 1600.
Analoghi risultati si registrarono nell'Ohio, in Pennsylvania e nello Stato
di New York. Molto più numerosi sono tuttavia i casi in cui il Coniglio
selvatico ha dato prova della propria elevata capacità di adattamento:
in Australia, ad esempio, vive sia nelle zone semidesertiche, ove la piovosità
annuale è inferiore ai 175 mm, sia nei territori in cui cadono 1900 mm
di pioggia all'anno. Persino nelle inospitali Kerguelen, che si estendono ai
margini dell'Antartide e nelle quali sono stati introdotti da una spedizione
inglese, i Conigli si sono adattati ottimamente e riprodotti in tale misura
da esercitare un'influenza determinante sulla flora autoctona. Durante l'inverno
essi si nutrono in prevalenza delle alghe del genere Fucus gettate sulle
spiagge dalle onde.
Conigli selvatici e Lepri comuni
differiscono profondamente anche nelle abitudini: i primi sono infatti animali
sociali, vivono in tane sotterranee che scavano personalmente, e preferiscono
di conseguenza i territori sabbiosi, ricchi di cespugli e di macchie che offrano
protezione e cibo. Molto spesso si insediano anche in giovani boschi di conifere,
mentre evitano nel modo più assoluto di spingersi oltre i 600 m di altitudine;
ciò dipende probabilmente dal fatto che nelle zone più elevate
l'inverno è più lungo e caratterizzato da precipitazioni nevose
più abbondanti, mentre il terreno è di solito sassoso. La natura
del terreno, infatti, ha un valore determinante per la scelta del luogo in cui
scavare le tane: la sabbia soffice e mobile è altrettanto inadatta della
terra pesante e impregnata di rugiada. I Conigli, tuttavia, rivelano la propria
capacità di adattamento anche in ambienti poco idonei: quelli che vivono
sui terreni paludosi, ad esempio, rinunciano a scavare e si trattengono costantemente
in superficie come le Lepri, mentre nelle zone delle golene utilizzano come
rifugio dei tronchi cavi di salici. In Inghilterra sono state condotte per vari
mesi delle osservazioni su Conigli selvatici che vivevano in territori acquitrinosi,
ricchi di canneti e salici; queste osservazioni permisero di stabilire che gli
animali coprivano lunghi percorsi a nuoto senza necessità apparente.
Una simile elevata capacità d'adattamento giustifica, in ultima analisi,
la facilità con cui questi animali si sono rapidamente insediati in molte
parti della terra, e anche il fatto che essi si siano abituati a vivere in contatto
con l'uomo. Per questo motivo oggi li incontriamo nei parchi e nei giardini
delle città, lungo le linee ferroviarie, presso gli accampamenti: se
in questi ambienti non hanno la possibilità di scavare delle tane sotterranee,
costruiscono i propri rifugi tra cataste di legna e in ogni sorta di cavità
artificiali.
Abitualmente, tuttavia, i Conigli selvatici vivono in tane scavate di preferenza
lungo pendici o scarpate; esse comprendono un certo numero di camere e un sistema
di gallerie talora molto complesso, ma comunque costruito senza seguire un piano
preciso. Esistono numerose gallerie principali e altre laterali a fondo cieco;
esse hanno un diametro di circa 15 cm e complessivamente possono raggiungere
i 45 m di lunghezza. Le camere sono alte da 30 a 60 cm, e l'intera tana può
essere profonda 2,5-3 m. Gli ingressi principali sono indicati dalla presenza
di un cumulo di terra, che a causa dei frequenti passaggi degli animali è
completamente privo di vegetazione; a una certa distanza da essi se ne aprono
numerosi altri, più stretti e non circondati da terriccio, che evidentemente
sono stati costruiti dall'interno e vengono utilizzati solo di quando in quando
per uscire o entrare nella tana; questi accessi secondari sono spesso collegati
con una galleria in forte pendenza. Una colonia osservata da studiosi inglesi,
e nella quale vivevano 407 Conigli, disponeva di 2080 ingressi: nelle camere,
che si aprivano vicino alle gallerie principali, gli animali giacevano sulla
nuda terra; di norma, infatti, solo le tane in cui le femmine partoriscono vengono
rivestite di paglia.
Durante l'opera di scavo i Conigli selvatici utilizzano soprattutto gli arti
anteriori, ma per rimuovere il terriccio ricorrono sovente anche alle robuste
zampe posteriori; se incontrano un grosso sasso o un altro ostacolo interrompono
lo scavo, oppure cambiano direzione. Sono animali stanziali, che non si allontanano
molto dalla tana: su 63 esemplari marcati da Niethammer nel 1937, ad esempio,
15 furono nuovamente catturati oppure abbattuti dopo un anno; nessuno si era
allontanato più di cento metri dal luogo in cui era stato marcato, e
quasi tutti si trovavano ancora nella stessa tana o nelle immediate vicinanze.
Southern rinvenne invece alcuni animali da lui contrassegnati a distanze di
65-250 m dalla colonia di origine. Il territorio personale dei Conigli selvatici
ha di solito una superficie poco superiore ai 20 ettari, e proporzionalmente
ridotta è anche la loro capacità di orientamento: due femmine,
che Niethammer aveva trasportato a 600 m di distanza dalla tana, riuscirono
a ritrovare la strada per raggiungere la propria dimora, mentre altre tre, che
erano state liberate a 1100 m di distanza dalla colonia, rimasero sul luogo
ove erano state deposte.
Nel proprio territorio personale i Conigli selvatici seguono dei percorsi prestabiliti,
e hanno anche l'abitudine di evacuare in punti ben precisi e vicini alla tana,
sovente su vecchi cumuli di terriccio scavato dalle Talpe. Di solito il territorio
adibito a " pascolo " è ancora più piccolo di quello
personale (la sua superficie è infatti di pochi ettari), per cui tutte
le piante erbacee esistenti negli immediati dintorni della tana vengono ben
presto spogliate. Il comportamento territoriale dei singoli individui di una
colonia è strettamente dipendente dal loro rango: le femmine anziane
sono quelle più legate al territorio personale e si dimostrano anche
molto aggressive nei confronti delle altre e dei giovani che si avvicinino troppo
al loro "dominio"; i maschi anziani dispongono anche di zone in cui
esercitano la propria autorità. Assai evidente diviene il comportamento
territoriale degli animali di rango più elevato durante il periodo della
riproduzione, quando le ghiandole odorose, che servono per marcare il territorio
personale, sono maggiormente sviluppate (è interessante rilevare a questo
proposito che tali ghiandole hanno dimensioni maggiori proprio negli individui
di rango più elevato). In condizioni favorevoli, la densità di
popolazione dei Conigli selvatici può essere assai elevata: valori particolarmente
alti si registrano ad esempio sulle isole, ove sovente vivono 25-37 animali
per ettaro; lo studioso britannico Thompson afferma che nell'isola di Skokholm
(Galles) vi è una densità di popolazione di circa 100 Conigli
per ettaro. L'entità numerica delle popolazioni è tuttavia soggetta
a regolari oscillazioni, che si registrano a intervalli di 8-10 anni in Gran
Bretagna, e di circa 11 anni in Nuova Zelanda.
La prolificità dei Conigli
è divenuta ormai proverbiale; a differenza delle razze domestiche però,
le forme selvatiche sono in grado di riprodursi solo in un periodo preciso dell'anno,
diverso tuttavia nei vari paesi in rapporto con le condizioni ambientali. Durante
tale periodo, che in Gran Bretagna dura da gennaio a giugno e nell'Europa centrale
da febbraio a luglio, il 90-100% delle femmine adulte è continuamente
gravida; al di fuori di questo periodo gli accoppiamenti fecondi sono molto
rari, e anche l'allevamento degli eventuali piccoli si conclude felicemente
solo per il 6% delle gravidanze. I maschi, peraltro, sono in grado di riprodursi
già molto tempo prima dell'epoca prestabilita, e cioè fin da novembre,
ma poiché le femmine non sono ancora feconde, tutti gli accoppiamenti
che hanno luogo in questo periodo non portano ad alcun risultato.
L'atto sessuale, compiuto dai due animali accoccolati al suolo e ripetuto a
brevi intervalli, viene abitualmente preceduto da un complesso cerimoniale,
che si suddivide in diverse fasi: durante il "corteggiamento", il
maschio insegue la femmina senza "forzare" troppo l'andatura, e concedendole
un vantaggio di 8-18 m. La seconda fase è costituita dalla presentazione
della coda: tenendo le zampe rigide, il maschio gira attorno alla compagna con
la coda sollevata, in modo da mostrarne la parte inferiore bianca; spesso, inoltre,
irrora la femmina di urina, compiendo contemporaneamente i salti più
acrobatici (sia i maschi sia le femmine emettono invece urina quando sono spaventati,
o vogliono assumere un atteggiamento di difesa). In seguito i due animali si
leccano la testa e le orecchie per lungo tempo, anche per mezz'ora, rimanendo
seduti l'uno di fronte all'altra, naso contro naso. Maschi e femmine dormono
insieme e si scambiano reciprocamente delle manifestazioni di affetto; queste
abitudini sono state sovente interpretate come dimostrazione di fedeltà
coniugale, ma taluni esperimenti di marcatura hanno dimostrato che ogni maschio
sostituisce facilmente la propria femmina.
L'ovulazione viene determinata soltanto dall'atto sessuale, e avviene dopo circa
dodici ore. La gestazione dura 28-31 giorni, ma già alcune ore dopo il
parto la femmina è nuovamente in calore e viene montata un'altra volta,
per cui risulta gravida quando è ancora impegnata nell'allevamento dei
piccoli: questo è il motivo per cui le nascite si succedono tanto rapidamente.
Studiando a fondo la riproduzione dei Conigli, Brambell scoprì un particolare
veramente interessante: il 60% delle gravidanze non giunge al termine, ma quando
gli embrioni sono arrivati a un determinato stadio di sviluppo vengono riassorbiti
dalla madre. Non si tratta dunque di un aborto, ma di un singolare processo
che inizia circa 12 giorni dopo la fecondazione e si conclude un paio di giorni
più tardi; in questo periodo tutti gli embrioni vengono gradualmente
disgregati e riassorbiti dal corpo materno. Come avviene dopo un normale parto,
alla sua conclusione le ghiandole mammarie producono latte, mentre la femmina
entra di nuovo in calore e viene pertanto montata da un maschio. Le cause di
questo singolare fenomeno, che non è limitato a determinati animali o
influenzato da particolari condizioni ambientali, sono tuttora ignote; taluni
indizi portano tuttavia a credere che il rango della femmina nell'ambito della
colonia e la densità di popolazione abbiano una certa influenza sulla
perdita degli embrioni.
Una femmina può riprodursi da cinque a sette volte l'anno; le condizioni
climatiche e il rango delle madri influenzano in modo notevole sia il numero
dei parti sia quello dei piccoli sopravvissuti: le femmine di rango più
elevato riescono infatti ad allevare il maggior numero dei propri figli. La
discendenza di un Coniglio viene generalmente valutata in oltre 30 piccoli all'anno,
ma in Inghilterra Brambell ha tuttavia constatato che la media annuale è
di appena 10-12 figli. L'ambiente ha senza dubbio un'influenza notevole sulla
riproduzione dei Conigli selvatici, e ciò spiega il motivo per cui essi
non si riproducono in tutti i paesi in misura così elevata come in Australia
e in Nuova Zelanda. Le prime figliate dell'anno sono le meno numerose, e comprendono
in media circa 4 piccoli, contro i 6 delle successive: in complesso, il numero
dei neonati oscilla da 1 a 9 (talvolta si arriva però fino a 14). Già
durante la vita embrionale il numero degli individui di sesso femminile è
superiore a quello dei maschi, e dopo la nascita tale rapporto si sposta ancor
più in loro favore: per ogni 100 maschi vi sono infatti circa 130 femmine.
Qualche tempo prima del parto le future madri scavano delle tane entro cui i
piccoli si svilupperanno; esse constano di una semplice galleria, lunga da mezzo
metro a 3 m e profonda al massimo un metro, alla cui estremità si apre
una camera abbastanza ampia. Questa viene rivestita con erba e muschio secchi
e quindi con abbondanti ciuffi di pelo che la femmina si strappa dall'addome.
Per proteggere i figli da eventuali predatori e dagli altri Conigli della colonia,
le future madri scavano spesso tali nidi a cento e più metri di distanza
dalla tana comune, e per allattare i piccoli li raggiungono, protette dall'oscurità,
solo un paio di volte al giorno, preoccupandosi dopo ogni visita di ricoprirne
accuratamente l'ingresso con del terriccio.
Il comportamento dei Conigli selvatici durante la riproduzione è stato
di recente riesaminato, e i risultati raggiunti vengono riferiti da Boback:
«Allo stato delle attuali conoscenze, un parto nella tana della colonia
sembra costituire una vera e propria eccezione. Presso i Conigli australiani,
Günther ritiene (1966) tuttavia che l'atto di scavare una tana destinata
ad accogliere i piccoli debba essere considerato solo un ricordo ancestrale
della femmina, in quanto si andrebbe sempre più sviluppando l'abitudine
di partorire nell'ambito della colonia. Günther pensa che ciò sia
determinato dalla necessità di proteggere i piccoli dalle Volpi, e cioè
da predatori che sono stati anch'essi insediati in Australia dall'uomo e si
sono specializzati nella cattura dei giovani Conigli. I risultati degli studi
compiuti recentemente da Mykytowycz dimostrano che soltanto le femmine di rango
elevato, le uniche che si riproducono con regolarità e con notevole frequenza,
possono allevare i figli nelle tane della colonia, sia pure in camere apposite.
Contro la teoria più seguita, secondo cui il fatto di allevare i figli
in tane isolate garantirebbe una maggiore sicurezza, Mykytowycz constatò
che questi piccoli, quando cominciano ad abbandonare i propri rifugi, sono assai
meno protetti dai nemici naturali rispetto a quelli che vivono nella colonia;
questi ultimi, inoltre, si sviluppano meglio. Purtroppo non sono stati compiuti
studi per accertare se anche presso i Conigli europei le femmine di rango più
elevato partoriscano in camere apposite nella tana comune della colonia, e soltanto
quelle di rango inferiore siano invece costrette a scavarsi delle tane isolate».
Al momento della nascita i piccoli Conigli selvatici sono nudi, ciechi, sordi
e pesano 40-50 grammi; il loro sviluppo procede però rapidamente, tanto
che 3 settimane più tardi, quando lasciano per la prima volta il nido,
il loro peso è già salito a 150 grammi. Otto giorni dopo la nascita,
sono già rivestiti di pelo, possono muoversi strisciando e sono in grado
di percepire i suoni, mentre aprono gli occhi all'età di 10 giorni. Quando
cominciano ad abbandonare il nido vengono di solito allattati dalla madre dinanzi
all'ingresso della tana; essa li avverte della propria presenza e richiama la
loro attenzione emettendo una sorta di brontolio e battendo sul terreno le zampe
posteriori. La femmina può dedicarsi ai figli solo per il primo mese,
dopo di che li abbandona dovendo preoccuparsi di preparare la tana per la successiva
figliata. La maturità sessuale viene raggiunta al più presto all'età
di 4 o 5 mesi, ma alle nostre latitudini i Conigli selvatici solo in casi eccezionali
si riproducono prima di aver compiuto l'anno; di norma possono procreare fino
all'età di 6 anni e vivono fino a circa 9 anni, raramente più
a lungo.
Da 5 a 7 Conigli selvatici mangiano quanto una Pecora, ma rispetto a essa sono
molto più esigenti: preferiscono infatti piante giovani, in particolare
trifoglio, piante erbacee dolci e cereali, erica (ma solo della specie Calluna
vulgaris, e non del genere Erica) e carici. Nei boschi sono malvisti
sia per la loro abitudine di rosicchiare i tronchi delle giovani conifere, sia
per i danni che arrecano divorando la corteccia di piccole latifoglie o dissotterrando
i semi delle piante. Tali danni si notano soprattutto nelle immediate vicinanze
delle tane, che costituiscono in pratica l'unica zona in cui gli animali vanno
alla ricerca di cibo. Poiché evitano abitualmente le piante spinose,
ricoperte di peluria, velenose e impregnate di rugiada, sulle loro tane finiscono
molto spesso per svilupparsi le ortiche. Tra le piante legnose, disdegnano soprattutto
gli oleandri. I Conigli selvatici vanno alla ricerca di cibo in prevalenza al
crepuscolo e alle prime luci dell'alba; quando le piante sono umide di pioggia,
leccano e scuotono ripetutamente il proprio corpo con le zampe anteriori, mentre
non sono infastiditi dal freddo, a meno che non sia accompagnato dal vento:
in questo caso si tengono appiattiti al suolo con le orecchie ripiegate, oppure
pascolano in punti riparati, se possibile in avvallamenti del terreno. In caso
di violenta pioggia, di forte vento e di nevicate, gli animali si trattengono
nelle tane, ove in determinate condizioni possono trascorrere diversi giorni.
Poiché sono animali attivi al crepuscolo e durante la notte, di giorno
i Conigli rimangono in genere nelle tane, oppure riposano in superficie, in
punti ben protetti; in caso di pericolo cercano tuttavia di raggiungere i propri
rifugi, e in simile eventualità si preoccupano anche di dare l'allarme
ai compagni, battendo contro il terreno le zampe posteriori.
Sebbene la loro vista sia più acuta di quella delle Lepri, anche i Conigli
si affidano soprattutto all'udito, come viene dimostrato dai movimenti delle
orecchie, tese costantemente a percepire ogni minimo rumore. Bene sviluppato
è anche l'olfatto, ma per orientarsi meglio gli animali si rizzano di
solito sugli arti posteriori, assumendo un atteggiamento simile a quello d'imposizione.
Quando si spostano lentamente i Conigli avanzano di norma saltellando, ma sono
anche ottimi velocisti, e su brevi tratti possono raggiungere punte massime
di 38 km/ora. Nel salto sono meno abili delle Lepri, pur possedendo una maggiore
agilità e scioltezza. Non ci sono invece differenze per quanto riguarda
la capacità di emettere suoni. Alle nostre latitudini i Conigli selvatici
posseggono molti nemici naturali, che tuttavia non minacciano seriamente le
loro popolazioni. Volpi, Ermellini, Puzzole, Poiane e Astori si cibano talvolta
di questi Leporidi, in particolare degli individui adulti. I Mustelidi e taluni
Gufi mietono invece le loro vittime tra i piccoli, mentre i Tassi scavano entro
i nidi. In Europa i Conigli non sono protetti, ma vengono cacciati tutto l'anno.
I Conigli originari del Sudamerica
sono soggetti a una malattia benigna e quasi mai destinata a concludersi con
la morte dell'animale, causata da un virus appartenente al gruppo comprendente
anche il vaiolo umano e vaccino e la difterite dei polli. Tale malattia fu scoperta
e descritta per la prima volta nel 1897, quando colpì in forma particolarmente
violenta i Conigli domestici europei allevati nell'ospedale di Montevideo, ma
il suo nome, mixomatosi dei Conigli, doveva raggiungere una risonanza mondiale
soltanto mezzo secolo più tardi, nel 1942; in quell'anno infatti lo studioso
Aragoa, dopo ricerche durate quindici anni, ne scoprì l'agente e dimostrò
che essa veniva trasmessa da un animale all'altro mediante Zanzare e altri Insetti
ematofagi. Tenendo conto degli effetti letali che tale malattia poteva avere,
già nel 1936/1937 e nel 1938 lo studioso inglese sir Charles Martine,
di Cambridge cercò di sterminare i 10.000 Conigli selvatici che infestavano
l'isola di Skokholm inoculando il virus dapprima a 83 animali, e l'anno successivo
ad altri 55. La mixomatosi, tuttavia, non si diffuse, e lo stesso fenomeno si
verificò quando fu inoculata artificialmente in 7 Conigli che facevano
parte di un numerosissimo gruppo allevato nella stessa conigliera.
Anche in Australia gli studiosi impegnati nella lotta contro i Conigli non ottennero
inizialmente risultati migliori: essi cercarono in un primo tempo di diffondere
la mixomatosi perlopiù tra i Conigli che vivevano in territori aridi,
senza però ottenere alcun risultato positivo; soltanto nel 1950, quando
il virus fu inoculato in animali diffusi nelle umide regioni fluviali, ove esistevano
determinate Zanzare che potevano fungere da agenti vettori, la morte si propagò
tra i Conigli con una rapidità inaspettata. Gli animali colpiti dalla
mixomatosi presentano ben presto il capo straordinariamente gonfio, diventano
ciechi e sordi e corrono come impazziti su strade e campi; vederli ridotti in
simili condizioni è uno spettacolo decisamente terrificante, ma le loro
sofferenze sono forse meno atroci di quanto si presume, tenuto conto che continuano
a mangiare e ad accoppiarsi fino ad alcune ore prima di morire. In considerazione
dei risultati ottenuti nel 1950, nei tre anni successivi la mixomatosi fu introdotta
artificialmente nelle più diverse regioni australiane: questa lotta biologica
costituì un enorme, anche se atroce, successo per l'agricoltura in tutti
i territori in cui vivevano Conigli e Zanzare, e cioè soprattutto negli
Stati sudorientali del continente; nelle zone aride la malattia non ebbe invece
alcuna diffusione. Si valuta comunque che l'introduzione della mixomatosi abbia
fatto risparmiare all'economia agricola australiana circa 75 miliardi di lire
all'anno.
Gli inquietanti risultati ottenuti in Australia con l'adozione di un simile
metodo interessarono enormemente in Francia il dottor Armand Delille, per un
motivo molto personale: la sua casa, infatti, era situata in un parco di 250
ettari, completamente circondato da un alto muro e infestato da migliaia di
Conigli selvatici che ne devastavano i prati e rodevano i giovani alberi. Ricorrendo
a un collega che lavorava nell'Istituto Batteriologico di Losanna, Delille si
procurò l'agente della mixomatosi, e, dopo avere sbarrato con reti metalliche
i varchi esistenti nel muro di cinta, lo inoculò in due Conigli catturati
con l'ausilio di una trappola. Dopo sei settimane il 98% dei Conigli selvatici
era morto, mentre non si era verificato alcun caso letale tra gli esemplari
domestici che il dottore allevava nelle stalle; da ciò Delille trasse
la conclusione che la malattia non poteva venir trasmessa dalle Zanzare. Nell'ottobre
del 1952, tuttavia, furono scoperti a Rambouillet, una cittadina distante 50
km dall'abitazione di Delille, alcuni Conigli morti di mixomatosi, e successivamente
la malattia si diffuse in tutta la Francia uccidendo, secondo una valutazione
compiuta dall'Istituto Pasteur di Parigi, circa il 35% degli esemplari domestici
e il 45% di quelli selvatici esistenti nel paese. I notevoli vantaggi arrecati
in conseguenza di ciò all'economia agricola indussero Delille a comunicare
le proprie esperienze in occasione di una conferenza tenutasi nell'autunno del
1953. Occorre tuttavia rilevare che i Conigli sono la principale selvaggina
della Francia, ormai quasi priva di altri animali, e mentre in precedenza il
Conseil Supérieur de la Chasse (organo statale) aveva concesso dei permessi
di caccia per una cifra di oltre 1 miliardo e 650 milioni di lire all'anno,
dopo l'epidemia di mixomatosi il numero delle licenze di caccia subì
una drastica riduzione, passando da 1.860.000 a meno di 300.000 nel 1956, per
risalire poi a 1.732.000 nel 1961. Fino ad allora, inoltre, la Francia aveva
esportato 6000-8000 tonn. di pelli di Coniglio all'anno, mentre altri 15 milioni
di pelli venivano lavorate nel paese, permettendo di vivere ad alcune decine
di migliaia di persone. In considerazione di tutto ciò, il Conseil Supérieur
de la Chasse e le associazioni degli allevatori di Conigli intentarono un'azione
legale contro Delille, chiedendogli il risarcimento dei danni: dapprima condannato,
il dottore fu successivamente assolto in istanza superiore. In effetti non poteva
essere punito, in quanto la diffusione di epidemie animali non era considerata
un reato; solo il 10 ottobre 1955 venne emanata una legge per impedire il ripetersi
di simili calamità.
La mixomatosi si diffuse poi dall'Alsazia in Germania (ove venivano uccisi ogni
anno un milione-un milione e mezzo di Conigli) e di qui negli altri Stati europei;
nell'autunno del 1953 superò anche la Manica, senza che se ne scoprissero
le cause. Durante un viaggio nel Surrey e nel Kent, R. M. Lockley, uno studioso
di Conigli che possedeva delle terre nell'isola di Skokholm, ove sir Charles
Martin aveva compiuto il tentativo descritto in precedenza, si imbatté
nei primi esemplari uccisi dalla mixomatosi. Esaminandoli attentamente si accorse
che sui loro corpi inanimati si agitavano numerose Pulci della specie Spilopsyllus
cuniculi. Partendo da una simile scoperta, Lockley compì esperimenti
che gli permisero di dimostrare come la mixomatosi venisse trasmessa appunto
da questi Insetti: al disopra di una conigliera in cui si trovavano animali
selvatici colpiti dalla malattia, egli appese ai rami di un albero alcune gabbie
contenenti Conigli domestici; questi, nonostante la presenza di Zanzare, non
si infettarono mai di mixomatosi. Le Pulci, invece, non erano evidentemente
riuscite a trovare la via per raggiungere i rami. In seguito egli si accorse
che i Conigli selvatici dell'isola di Skokholm erano privi di Pulci, che infestavano
invece quelli diffusi sull'isola di Skomer, distante appena 3 km dalla prima:
il fallimento dei tentativi compiuti da sir Martin era quindi da imputare alla
mancanza di questi Insetti.
Dobbiamo ancora dire che la mixomatosi ha un'incubazione di 5-7 giorni e che
la morte sopravviene a 11-18 giorni dal contagio; qualsiasi Artropode ematofago
o dotato di un apparato boccale lambente o succhiante può fungere da
vettore: la trasmissione è puramente meccanica e può essere possibile
anche a 25 giorni dal contagio. La mixomatosi ha un effetto letale soltanto
sulla specie Oryctolagus cuniculus: nel corso della violenta epidemia
di cui si è parlato, morirono infatti circa una mezza dozzina di Lepri
comuni nel continente, e in Gran Bretagna un solo esemplare di questa specie
e una Lepre variabile. Le razze domestiche possono essere immunizzate per nove
mesi mediante vaccinazione con un virus simile a quello della mixomatosi, che
procura tuttavia solo lievi disturbi. Nel frattempo i Conigli selvatici hanno
già sviluppato una notevole resistenza a questa malattia, per cui un
numero sempre maggiore di animali riesce a sopravvivere; il "problema dei
Conigli", e con esso l'antica controversia tra i cacciatori e gli allevatori
da un lato, e gli agricoltori dall'altro, minacciano quindi di risorgere ben
presto nei paesi interessati.
I SILVILAGHI (genere Sylvilagus; LTT fino a 45 cm, peso fino a
2,3 kg), diffusi nelle Americhe, vengono chiamati comunemente CONIGLI CODA DI
COTONE (Cottontail Rabbits) in quanto in talune specie la parte inferiore e
bianca della coda ricorda una capsula di cotone aperta. Hanno un mantello di
colore variabile tra il grigio e il bruno-rossastro e maculato sul dorso, fulvo
o bruno scuro sulla nuca. Il loro udito è bene sviluppato, per cui riescono
a localizzare facilmente le sorgenti sonore; i grandi occhi aprono un ampio
orizzonte, ma non permettono di distinguere i colori. Anche il gusto è
bene sviluppato, mentre l'olfatto, che ha una certa importanza durante la riproduzione,
è invece abbastanza ridotto. I Silvilaghi sono animali crepuscolari e
notturni, che non amano far udire la propria voce, non vivono in colonie e non
scavano tane sotterranee: in caso di pericolo e come temporanea dimora diurna
preferiscono infatti utilizzare quelle di altri animali. Sono molto agili e
rapidi e possono raggiungere velocità massime di 30 km/ora; si nutrono
prevalentemente di piante erbacee, ma in inverno anche di cortecce, rami e germogli.
Dopo una gestazione di 26-30 giorni, le femmine partoriscono in un nido preparato
sul terreno; i piccoli sono ciechi, hanno il corpo nudo, e l'85% di essi non
riesce a superare il primo anno, perlomeno allo stato libero. In cattività
questi Conigli possono vivere fino all'età di 10 anni. I Silvilaghi posseggono
una naturale resistenza alla mixomatosi (v. pag. 506); sono diffusi tra il Canada
meridionale e il 25° di latitudine sud, si spingono fino all'altitudine
di 4000 m e abitano in prevalenza i territori che offrono facilmente dei ripari.
Questo genere comprende circa 12 specie, alcune delle quali insulari; le più
note sono: 1) SILVILAGO DELLA FLORIDA (Sylvilagus floridanus; fig. 3,
pag. 491); 2) SILVILAGO DI BACHMAN (Sylvilagus bachmani; fig. 5, pag.
491); 3) SILVILAGO ACQUATICO (Sylvilagus aquaticus); 4) SILVILAGO PALUSTRE
(Sylvilagus palustris; fig. 7, pag. 491); 5) SILVILAGO DEL BRASILE (Sylvilagus
brasiliensis; fig. 2, pag. 491); la coda, di dimensioni modestissime, ha
la stessa colorazione del dorso; le femmine posseggono 6 capezzoli, mentre quelle
delle altre specie del genere ne hanno 8.
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