© Barbara Bordato 2003[gallerie fotografiche sulle tecniche della cottura e della produzione ceramica]
Di origine giapponese, la ceramica raku nasce nel XVI secolo identificandosi fin da subito in modo esclusivo con la produzione delle tazze della cerimonia del tè (chanoyu), una delle espressioni più significative della civiltà giapponese. Le tazze vengono modellate a mano, gli spessori rimangono pronunciati, lo smalto riveste in modo irregolare ed è assente qualsivoglia gusto decorativo; l'apparenza è di una sobrietà terrigna, rustica.
La diffusione del raku, in ambiente anglosassone, fu opera dell'inglese Bernard Leach (1887-1979) che nel 1920, fiancheggiato dal ceramista Shoji Hamada (1894-1978), si insediò a St. Ives in Cornovaglia e diede vita insieme all'amico e a Soetsu Yanagi (1889-1961, allievo dello studioso del buddhismo Daisetzu Suzuki) al Japan Crafts Movement. Il movimento Mingei (Arte del popolo) fu una reazione artistico-artigianale da una parte all'estetismo fine a se stesso, dall'altra allo scadimento qualitativo conseguente all'imporsi della produzione industriale, analoga all'Arts and Crafts di William Morris (1834-1896) e parallela al Bauhaus di Gropius (1883-1969).
In accordo con l'estetica giapponese, il raku ha il carattere naturale dell'asimmetria e dell'irregolarità, dell'imprevedibilità e dell'abbandono all'accadere. La meccanicità volontaristica della ripetizione è ciò da cui si guarda l'artista orientale, corrispondente all'horror vacui in Occidente, comprensibile solo alla luce dello sfondo nichilistico che lo ha formato; fragilità, incompiutezza, tras-parenza attraverso il vuoto, sono ciò che l'arte deve saper evocare, - nella stanza del tè (sukiya), nell'arte di disporre i fiori (ikebana) o coltivare le piante (bonsai), nella poesia (haiku), nei dipinti.
La ceramica raku si ottiene con una cottura a bassa temperatura (800°-900°C), resa possibile dalla composizione piombica dello smalto, - elemento, il piombo, che al pari dello stagno ha un basso punto di fusione. I pezzi vengono estratti dal forno incandescenti e immediatamente sepolti sotto uno strato di materiale organico (segatura di legno, foglie secche, carta di giornali). Qui, in assenza pressoché totale di ossigeno, avviene la maturazione degli smalti, con effetti sorprendenti come nel caso eccezionale del rame, verde in ambiente ossidante, ramato con riflessi metallici in riduzione. La cavillatura si produce nello shock termico che avviene nell'estrazione, come tratto visibile (e, nel suo farsi, anche sonoro: il vaso "canta") dei differenti coefficienti di dilatazione dell'argilla e dello smalto. Il colore nero della terra, segno caratteristico del raku, è invece l'esito dell'affumicatura subita in riduzione e rappresenta il polo dialettico della parte smaltata, essendone al tempo stesso il sostrato.
Come ogni oggetto dell'arte orientale, anche il raku esalta i segni del tempo: non li bandisce, non li nasconde, non li evita, li custodisce e li offre alla visione.
[gallerie fotografiche sulle tecniche della cottura e della produzione ceramica]
- R. BARTHES, L'impero dei segni, Einaudi, Torino 1984.
- N. CARUSO, Ceramica raku, Hoepli, Milano 1982.
- I. CALVINO, Collezione di sabbia, Mondadori 1994.
- G. FAHR-BECKER, Arte dell'Estremo Oriente, Koenemann, Colonia 2000.
- L. KOREN, Wabi-Sabi. Per artisti, designer, poeti e filosofi, Ponte alle Grazie, Milano 2002
- B. LEACH, Das Toepferbuch, Hanusch&Ecker, Hoehr-Grenzhausen 1999.
- K. OKAKURA, Lo zen e la cerimonia del tè, Feltrinelli, Milano 1997.
- G. PASQUALOTTO, Estetica del vuoto. Arte e meditazione nelle culture d'Oriente, Marsilio, Venezia 1992.
- G. PASQUALOTTO, Yohaku. Forme di ascesi nell'esperienza estetica orientale, Esedra, Padova 2001.
- J. TANIZAKI, Libro d'ombra, Bompiani, Milano 1995.
- S. YANAGI, Die Schoenheit der einfachen Dinge. Mingei - Japanische Einsichten in die verborgenen Kraefte der Harmonie, Luebbe, B. Gladbach 1999.
Link:
- http://www.ceramicaraku.it/
- http://www.leachpottery.com