Una bellissima storia d’Amore, raccontata da Stefania Chiara
Ciao piccolo Rud.
Nessuno qui ti conosce, e tu non sei un niglio ma un cane, che oltretutto coi conigli ha avuto poco a che fare… però volevo scriverti una lettera d’addio che tu possa leggere dal posto dove presto andrai, e credo che gli altri non me ne vorranno per questo, dal momento che qui è pieno di gente che ama davvero gli animali.
Ti ricordi la prima volta che ci siamo visti, quando avevo diciassette anni, al rifugio? tu eri il cane più bello che Dio avesse potuto creare, forte come un pastore tedesco, splendido e fiero come un collie… ma una malattia genetica aveva velato i tuoi occhi fin quasi dalla nascita e avevi tante brutte esperienze alle spalle. Per questo tutti cercavano di tenerci lontani… tu eri il cane “aggressivo” del rifugio ed io una ragazzina con nessuna esperienza alle spalle… eppure, con l’incoscienza dei neofiti e anche un po’ con quella dei ragazzini, io continuavo a cercarti… avevo visto sotto al tuo splendido pelo bianco, nero e oro il cuore di un cane buono pieno di paura… paura per un mondo che non vedeva, dal quale aveva ricevuto quasi sempre solo male. Ti ricordi che spaventi che si prendevano gli altri, quando entravo nella tua gabbia, ti abbracciavo e ti insegnavo “seduto” con i biscotti in mano? Ti ricordi le loro facce pallide? ti ricordi le nostre passeggiate nei campi, e i contadini gentili che sorridevano al nostro passaggio, perché tu eri veramente splendido? Ti ricordi tutti i nostri discorsi? quando mi sono innamorata, è a te che l’ho confidato. Quando andava bene un’interrogazione o quando litigavo coi miei era a te che lo dicevo.
E quella volta che ti ho ripetuto la lezione su Kant perché non mi stava in testa, te la ricordi? E ti ricordi quella ninna nanna che ti cantavo… quella che ti diceva di addormentarti, perché, quando ti saresti svegliato, tutte le cose brutte si sarebbero risolte?
Invece un terribile giorno sono andate peggio… il rifugio ha dovuto chiudere e tu sei finito in quell’orribile postaccio… ti ci abbiamo portato in macchina, tu sei stato bravissimo nel vano posteriore, fino a quando non hai deciso di saltare sul sedile dove ero io e quando mi hai trovato il viso me lo hai leccato tutto… ogni fine settimana, quando uscivi da lì, eri sempre più bagnato, più zoppicante, più magro e affamato… non ce la facevo a vederti così… mi facevi un sacco di feste e ogni volta che incontravi la portiera di una macchina ci volevi entrare ad ogni costo… e non avevi torto, da lì in macchina eri arrivato e da lì in macchina te ne volevi andare.
Non poteva durare molto, ma per fortuna qualche angelo deve avere guardato in terra, quel Natale del 99 e avere deciso di darti una mano… ed è arrivata questa famiglia straordinaria che ha saputo guardare in fondo al tuo cuore ha deciso di portarti via. “se adottate lui adottate anche me” avevo detto loro… ero proprio una bambina, ma non era gelosia, lo sapevo che con loro saresti stato meglio sicuramente… solo, volevo vedere dove andavi a finire, volevo venirti a trovare, perché la nostra era una grande amicizia e io non volevo perderti… sono stati davvero gentili con me… ti ricordi? quasi sette anni fa sei salito su quella macchina e sei rimasto lì, con quel musetto incredulo, perché stavolta nessuno ti obbligava a scendere… e io sono salita di fianco a te, e ti ho pure messo un fiocco rosso di Natale, ti ricordi? e tu, sfinito, ti sei addormentato nel mio grembo. Quando ti sei svegliato il mondo era proprio cambiato, eh? Un giardino tutto per te, una famiglia gentile che ti amava, tanto cibo buono… un vero Miracolo di Natale. E io potevo venirti a trovare tutte le volte che volevo… quando venivo, tu ti mettevi davanti al cancello e stavi immobile ad aspettarmi. Ma scusa, chi te lo diceva che dovevo arrivare io, che sesto senso avevi? e io arrivavo, e ti portavo a spasso felice e orgogliosa.
Ai vicini che chiedevano chi fossi, la tua padrona rispondeva “è l’amica del cuore del mio Rudy”. Quando poi me ne dovevo andare mi sbarravi la strada… oppure assalivi mia mamma che mi veniva a prendere (che ridere)… sembrava che mi dicessi “oh, qui è tutto perfetto… manchi solo tu, impazzirei di felicità se rimanessi qui…” ma io non potevo dirti che non era casa mia e che non potevo rimanere… le mie visite si sono fatte piano piano sempre più rare, lo so e ti chiedo scusa… l’università, gli impegni… crescevo… e tu invecchiavi, ma non appena decidevo di arrivare tu eri lì, davanti al cancello. Forte, grintoso e felice… come sempre. D’altronde, metà dei tuoi geni sono di un collie, no?
Arrivederci, belva. Ti voglio bene, e sono contenta per te, perché hai visto il lato peggiore del mondo ma anche quello migliore, per quasi sette lunghi anni, e la tua vita è stata lunga. Quello che mi hai dato è stato immenso. Non potrei mai ringraziarti abbastanza.
Ma adesso dormi, dormi sereno, piccolo mio. Perché presto farai un sonno profondo e quando ti sveglierai sarà come diceva quella vecchia ninna nanna: non ci sarà più sofferenza per te, starai benissimo, anche meglio di come sei stato in questi ultimi anni. Sarai bello come eri un tempo, e avrai tanti amici che ti faranno compagnia (non metterti a rincorrere i conigli come facevi nei campi solo per spaventarli, a loro non piace, capito adorabile bestiaccia?)… e finalmente potrai vedere, come il gattino di Lory… e allora che penserai di questo mondo malato che ti ha fatto tanto male e tanto bene, quando lo vedrai in faccia? che penserai, quando riuscirai a vedere oltre le cose e riuscirai finalmente a capire il senso di tutto quello che succede quaggiù?
Non lo so. Ma sono sicura che me lo dirai. Ti aspetto presto al cancello, cagnone.